Vai al contenuto

Pagliara: «Rilancerò l’incoming». Il progetto Nicolaus-Valtur

    Intuizioni che rispondono a puntuali disegni logici. E la razionalità che, viceversa, attinge a incontrollabili impulsi. È il meccanismo che muove – e ha sempre mosso – Giuseppe Pagliara, presidente del Gruppo Nicolaus-Valtur.
    Nei corridoi della base di Ostuni, tra i più stretti collaboratori, c’è un parola che ricorre: «Genio». E benché sia complesso, talvolta faticoso, “stargli dietro”, non c’è nessuno nel suo team che non ne riconosca estro e sregolatezza, come una sorta di Maradona del turismo.
    Ed è da un suo impulso, diciamolo, che nasce questa intervista. Lo slancio giunge da Itb Berlin; l’urgenza è raccontare quanto fruttuosa sia stata la fiera, quanto l’Italia in tal senso dovrebbe imparare dall’estero, quanto potenti siano certe destinazioni.
    Sullo sfondo l’ennesima evoluzione della sua azienda, oggi intenzionata a potenziare la divisione incoming, da cui – non va dimenticato – tutto nacque. Ed è lui stesso a ricordarlo cosa Nicolaus fosse: «Una piccola dmc pugliese», che negli anni è stata capace di compiere un’impresa napoleonica: piantare bandiere dalle Alpi alle Piramidi, dall’uno all’altro mar.
    L’appuntamento è telefonico, di buon’ora.

    Lo ha preso il caffè?
    «Non ancora. Ma iniziamola subito l’intervista».

    E così sia. È stato a Itb qualche settimana fa, dal suo staff mi dicono sia tornato entusiasta. Che molla è scattata a Berlino?
    «Sono rientrato con un bagaglio colmo di relazioni, confronti, business. Itb si conferma capitale europea del networking e questo è un messaggio che mi preme lanciare al mercato. Nulla a che vedere con le fiere del “Ciao, come stai?”, nella capitale tedesca c’è tutto il travel che conta e il fulcro è fare affari, non scambiarsi convenevoli. Percorrendo i padiglioni, parlando con i colleghi stranieri, poi, ho avuto la corretta percezione dei principali trend outgoing a livello globale».

    Ovvero?
    «Fenomeno indiscusso è senza dubbio l’Arabia Saudita, destinazione che sta investendo miliardi. E sebbene ci vorranno ancora anni perché sia “pronta” al 100%, sta già compiendo passi da gigante. In generale – in termini di offerta e resort – fanno la parte del leone il Middle East, l’Oceano Indiano con Maldive e Zanzibar, ma anche l’Estremo Oriente, tornato in grande spolvero. Ho notato invece ancora una certa debolezza dei Caraibi. In buona sostanza l’asse turistico è decisamente sbilanciato verso est. Sul medio raggio, sono rimasto colpito dall’Egitto».

    Eppure la guerra arabo-israeliano sembra averlo intaccato negativamente l’Egitto.
    «Senta, io ho visto una destinazione pimpante e resiliente, con una proposta resortistica rinnovata, potente e di gran gusto. Penso a catene alberghiere come Pickalbatros o a Sunrise, con stand grandi quanto quelli di alcune nazioni. Se a questo si aggiunge il fatto che l’Egitto continua a piacere oltremodo ai clienti italiani, e ha con noi un rapporto privilegiato, si rafforza la mia convinzione che questa meta resterà – nonostante il contesto geopolitico difficile – uno degli epicentri del nostro turismo outbound».

    E l’Italia, a suo parere, come si colloca nello scacchiere internazionale?
    «C’è un grande interesse verso il nostro Paese. Ma l’Italia resta un luogo ostile dove fare investimenti per via della complessità burocratica. Abbiamo troppi alberghi piccoli e vecchi, per cui urge aumentare dimensioni e servizi. Ma portare avanti ristrutturazioni vuol dire doversi districare per settimane, se non mesi, tra intoppi e cavilli burocratici. Se per noi italiani è difficile lavorare qui, non vedo come possa essere più semplice per gli investitori stranieri. Senza considerare il tema delle concessioni balneari, ancora irrisolto: è un nodo che va sciolto perché impatta fortemente anche sul patrimonio alberghiero. Un hotel costiero, senza spiaggia, perde quasi del tutto il suo valore».

    Ha seguito il ministro Santanchè anche nella sua missione in Asia. Che ne pensa del suo operato e di quello dell’Enit all’estero?
    «Al netto della simpatia politica, che può esserci o meno, non si può altro che dire bene: è una figura attiva e presente. Ho viaggiato anche con l’ad di Enit, Ivana Jelinic, e penso sia un persona seria e puntuale».

    È il momento di tornare a scommettere sui flussi dall’estero?
    «In realtà non abbiamo mai smesso di farlo dai nostri esordi come dmc pugliese. Il mercato straniero è fondamentale per destagionalizzare; per uscire dal prodotto mare e lavorare sul segmento esperenziale altospendente».

    Quali sono quindi i progetti di Nicolaus-Valtur per l’incoming?
    «Intanto, va detto che dopo Cervinia siamo ritornati a fare investimenti forti al sud, prova ne è il Gusmay sul Gargano, che esordirà quest’estate sotto le insegne Valtur, e la struttura di Gallipoli, già annunciata. Ma abbiamo anche un altro deal in Puglia e uno in Sicilia. Procediamo quindi spediti con il rafforzamento resortistico. Nel frattempo stiamo potenziando la nostra dmc interna, che da pugliese si estenderà a tutta l’Italia meridionale».

    Come intende potenziare la visibilità del vostro marchio all’estero?
    «Nicolaus dmc è un brand già abbastanza conosciuto, percepito fuori dall’Italia come un operatore solido. Certo, si può fare sempre di più. In tal senso prevediamo una presenza importante alle principali fiere internazionali del leisure, del lusso, ma anche della montagna e del real estate, segmento a cui siamo sempre più interessati. Ci collochiamo anche come punto di riferimento per investitori internazionali che necessitano di una spalla in Italia».

    A quali fiere oltre confine parteciperete?
    «Oltre a Itb Berlin, Wtm London e Fitur Madrid, abbiamo preso parte al Workshop Grand Ski di Chambery, in Francia. Sempre in tema di montagna, saremo a metà aprile negli Usa per il Mountain Travel Symposium di Lake Tahoe e per l’alta gamma Uk andremo il 12 giugno al workshop Listex Luxury di Londra. Tra gli altri eventi in agenda, Amour al Forte Village in Sardegna, Top Resa a Parigi, Ibtm Barcellona e Iltm Cannes».

    Pensate anche di aprire uffici all’estero?
    «No, ma ci affidiamo ad agenzie di rappresentanza. E lato promozione, punteremo per tutto il 2024 su eventi ad hoc per influencer/testimonial stranieri – in particolare da Usa, Uk e Cina – che ospiteremo in Italia. Questo è per noi uno strumento di comunicazione molto valido: si riesce a raggiungere il target stabilito a un costo congruo, con ampia risonanza».

    Che valore ha oggi la quota incoming per il Gruppo Nicolaus?
    «Vale il 15% del fatturato ma puntiamo a raggiungere il 30%, di fatto raddoppiando la presenza straniera».

    Puntando su quali mercati?
    «Dipende dalle mete. Per la montagna i bacini più forti sono quello britannico e nordeuropeo; per il mare Francia, Germania ed Est Europa, dove – nonostante la guerra tuttora in corso in Ucraina – risultano stabili i mercati di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia».

    Non ha menzionato i cinesi, sebbene siano da tempo nel suo mirino…
    «In Cina stiamo seminando per raccogliere. È un mercato non semplicissimo e abbiamo avviato di recente un rapporto con un’agenzia di rappresentanza focalizzandoci sulla montagna e su segmenti di nicchia medio-alti come l’enogastronomia e il wedding in Puglia».

    Sempre guardando all’estero, quali trend globali di mercato ha intercettato?
    «Senza dubbio stiamo andando verso un modello upscale/lifestyle che presta grande attenzione alla sostenibilità. Un format su cui abbiamo settato la nostra offerta resortistica. C’è poi grande attenzione alle famiglie, storicamente nel nostro target. E già dal post Covid marcia spedito l’open air. Stiamo investendo anche su questo segmento con un progetto glamping in Puglia in corso d’opera, per cui prevediamo uno sviluppo importante. Prende poi sempre più piede il turismo active e sportivo, dove – cito solo alcune attività – il golf, il paddle e il cycling sono sempre più determinanti nella scelta di una vacanza».

    Manca un punto di cui si fa un gran parlare: l’intelligenza artificiale. È un’onda che intende cavalcare?
    «Rispetto all’entusiasmo di molti, noi preferiamo andarci con i piedi di piombo. Certo, in azienda abbiamo un settore dedicato e stiamo studiando eventuali applicazioni, ma preferiamo essere prudenti. A livello di tempistiche, a mio parere, l’Ai non impatterà nell’immediato in modo importante sulle modalità di vendita digitali di viaggi».

     

    Fonte: Roberta Rianna per L’Agenzia di Viaggi Magazine

    Author